Portandola
a travalicare,
l’invidia
toglie il senno a Indivia
fino
a farla eccedere nella machiavellica lascivia.
Intollerante
alla lealtà
è
portatrice insana di qui pro quo e falsità,
ipocrisia
che la pervade
dai
piedi alla punta del ciuffo increspato e fatto a cespo,
un
bouquet di vitamina A abbinabile, con
fantasia,
a
un candido abito da sposa di tessuto crespo,
foglie
legate da un filo di rafia al momento della raccolta,
in
autunno, inverno e inizio primavera,
quando
dalla bellezza la natura viene travolta.
L’estate
è il periodo in cui la fioritura è nel massimo splendore,
esclusivamente
per la subdola invidia che degenera nel cupo livore,
tuttavia
la belga indivia color crema al buio matura,
così
come l’altra, di bianco sporco vestita,
affonda
le radici nelle oscurità della paura.
L’indivia
esige fertili terreni ricchi di sostanza organica,
non è
forse uguale per l’invidia satanica?
A
scanso d’equivoci, mentre l’indivia non è cicoria,
l’invidia,
similmente alla cipolla, fa piangere perché diffamatoria.
Dolce
al palato, consumata cruda o cotta,
variante
interessante, quella al gratin dalla ricetta ghiotta,
infatti
non c’è cosa più stuzzicante
dell’osservare
l’invidia dei detrattori ripassata in forno,
a
gratinare lentamente a qualunque ora, notte e giorno.
Del
resto le si addice, una dantesca
collocazione rovente,
sebbene
nella Divina Commedia
non
concerna il dannato, piuttosto il penitente,
venendo
appena menzionata nel Paradiso e nell’Inferno,
ed
espiata invece al Purgatorio, quale auspicio di guarigione
dall’inconfessabile
male a ogni epoca moderno.
In
diversa misura tutti la provano,
solo
gli intelligenti l’ammettono riconoscendone l’astio competitivo,
si
prospetta loro un’evoluzione,
nella
correzione di un’emozione negativa in
obiettivo positivo.
Bando ai
buoni propositi!
Alla
fine sarebbe un peccato, non attingere dal menù dei vizi capitali
per
accostare un piccante contorno
all’invidia,
potendo
scegliere tra superbia, avarizia, lussuria, gola, ira e accidia.
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