Ad alta
quota stanno gli uffici di vetro degli influenti
particolarmente
attenti alla domanda e offerta
nonché
agli effimeri cambiamenti.
Dal suo,
Aloe ammirava
lo skyline al tramonto,
turbata
internamente,
posseduta
dalla solita Tundra
che la
declassava a banale recipiente.
In quel
tardo pomeriggio, quasi sera,
in cui capì
che avrebbe dovuto essere meno Vera,
e mediare
la propria volontà
con le
esigenze della sgradita ospite
per
arrivare a incassare l’assegno,
più del
panorama, fu una prospettiva interiore,
a
scuoterle l’ingegno.
Indispensabile
per la sua mission
era la
realizzazione di un calendario,
quasi
quanto per un alunno alle prime armi l’abbecedario.
Lo
storyboard era già pronto,
avrebbe
puntato a un anno originale,
interrompendone
volutamente il sequenziale racconto.
Per
gennaio era prevista la tradizionale Befana,
ma a cavallo
di una gigantesca banana.
Febbraio
era ovviamente dedicato agli innamorati,
con un
occhio di riguardo ai rifiutati.
Marzo, si
sa, è pazzerello
e occorre
avere sempre a portata di mano l’ombrello,
al
cospetto dell’ingannevole natura bigiotteria
che gradatamente
si tramuta in gioiello.
Servito
sashimi, crudo e indigesto,
l’antipasto
di aprile è un pesce,
uno
scherzo bello quando corto,
specie se
in bocca ancora si dimena e cresce.
A maggio
con le rose
si possono
fare tante cose.
Il
dilemma a giugno è in ferie dove andare,
consultando
guide turistiche si opta tra montagna e mare.
Luglio,
col bene che ti voglio,
nessuno si
scollerebbe da uno scoglio.
Ad agosto
la spiaggia pare un carnaio,
è allettante
scurirsi a casa
per la
felicità del dirimpettaio,
in
compagnia di un’amica pazza, pazza, pazza
su una
terrazza
chiacchierando
senza un domani
fino a
diventare paonazza.
Settembre
è ancora da villeggiatura,
sì, per i
ritardatari che vogliono
accogliere
l’autunno con l’abbronzatura,
mentre gli
altri bivaccano col telecomando sul divano
facendo
zapping sulle vacanze andate,
ripensando
nostalgicamente al flirt estivo col bagnino vegano.
Novembre
spegne i colori come un film in bianco e nero,
non a
caso inizia con una visita al cimitero.
Dicembre era
riservato all’apertura dei pacchi,
in
assoluta comodità e rigorosamente senza tacchi.
A
shooting fotografico ultimato
fece prendere
le distanze ai nipponici clienti
l’assenza
del decimo mese
e la polemica
subito si accese.
Aloe non
giustificò con una dimenticanza
l’innovativa
riduzione
della rivoluzione
terrestre
per
calcolata stravaganza.
La
capacità di attirare l’attenzione
su un
atipico calendario
avrebbe
proposto un vivere meno abitudinario,
sorvolando
su trentuno giorni
iniziando
da ottobre alla prima pubblicazione,
adottando
la stessa politica con un altro mese l’anno successivo
per non
essere accusati dagli ottobrini di
ghettizzazione.
Facendo
leva su un mind the gap
spartiacque tra la
bella e la brutta stagione
e un
compleanno in meno ogni dodici anni per chiunque
come
gradita illusione,
riuscì addirittura
a convincere i manager venuti dall’oriente,
tanto era
efficace la sua comunicazione,
che il
sole non sorgesse dalle loro parti per coricarsi a Ovest,
e che
necessitavano dunque di un processo di acclimatazione.
La contraffazione
della verità
contrastava
in qualche modo con la bramosia di visibilità,
chi
parlava era infatti una Tundra sibillina
nascosta
dentro una Vera sbarazzina.
Il
dissapore, nei confronti del terzultimo mese,
affondava
le radici nell’avversione per il foliage,
fenomeno
autunnale durante il quale le foglie abbassano le difese
e che in
questo periodo prende l’abbrivio
passando
dal verde al giallo, arancione, marrone, viola e rosso
con la
prospettiva invernale di non avere nulla indosso.
Variazione
che in Tundra provocava scompenso emotivo
come
tutte le attese che generano ansia
più di un atto commemorativo,
forse per
quella tinta sanguigna che chiazzava il cielo,
macabra
anticipazione dell’imminente gelo;
il problema
stava pertanto nell’associazione
della nuance
autunnale al suo sangue rosso,
e,
avendolo invece tutti, in quello strano mondo,
di un
verde clorofilla, si originava una sorta di paradosso.
La
caducità delle foglie è seguita dal rinascimento,
toccato
il fondo si può solo scavare
o risalire con un nuovo abbigliamento,
alternanza
stagionale che nella moda trova un fertile
terreno,
irrorato
di veleno e addobbato di neon piegati ad arcobaleno.
Lo stesso
democratico prêt à porter di Tundra
era in
antitesi con la costosa haute couture
ostentata
dalla posseduta,
differenza
che avrebbe dovuto farla crescere in autostima,
in quanto maggiormente acuta,
eppure persisteva
la vigliaccheria
nell’affrontare la fase mensile caratterizzata
da colori
caldi avvolti in una coltre di bruma,
imputabile
probabilmente a una malinconia che l’energia vitale sfuma.
In un
attimo di lucidità Aloe si riappropriò di se stessa
e cercando
di non urtare la sensibilità della visitatrice
depressa
propose agli
sponsor il vantaggioso compromesso
di una
versione deluxe del calendario in linea col suo stile,
accreditata
quindi del mese per volontà altrui omesso.
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