Nella
sfera onirica di Aloe Vera
dimora una
figura importante
che poter
riabbracciare è per lei una chimera:
della
defunta mamma conosciuta come La Vanda
quel poco
che ricorda lo sogna soprattutto in branda.
Un angelo
custode che profuma di pulito,
una
gradevolezza persistente nelle narici
in grado
di alleviare al risveglio un dolore non ancora sopito.
Considerata
la sfiorita felicità difficile da riesumare,
la figlia
vorrebbe almeno la verità, sulla scomparsa della madre esemplare,
ingoiata in
un pomeriggio di primavera dal nulla,
dando
origine all’irrisolvibile enigma
per il
quale si sente autorizzata a comportarsi da bulla.
Una
ferrea disciplina da caserma
contraddistingue
il bizzarro papà di Aloe Vera,
capofamiglia
miope, distinto
e inflessibile
dall’alzabandiera alla sera.
Garofano di
nome, rigido quanto un chiodo
e testimone
di un misfatto,
lo
assilla una martellante preoccupazione
che lo fa
spesso dare di matto.
L’unico
amico è una creatura ciclopica e ipocondriaca
che sta nascosta
nella cuccia preservando la natura bieca e demoniaca.
Terrorizzato
infatti dall’idea di uscire allo scoperto rischiando l’abbandono,
Crauto, il
coso domestico della famiglia Vera,
interagisce
col mondo esterno tramite un interfono.
Nel buio
della paura custodisce di Garofano il tremendo segreto
che
vorrebbe poter esprimere, nonostante la lingua incomprensibile,
tra il serio
e il faceto:
il
padrone di casa, proprietario delle onoranze funebri Crisantempo,
dallo
slogan Sempre pronti al contrattempo,
nell’età
in cui la figlia doveva sbocciare in adolescenza,
un
pomeriggio si macchiò di un delitto senza commettere violenza.
Nell’agenzia
del marito, accusabile di tutto fuorché di misoginia,
in
prossimità di una bara aperta La Vanda venne colta da un attacco di
narcolessia.
Ingannato
dalla vista guasta e frettoloso di concludere la giornata,
Garofano
la chiuse dentro, scambiandola per una pianta che se n’era andata.
Trapassata
per il madornale errore,
dell’assenza
i Vera si accorsero quando i clienti lamentarono
la mancata
sepoltura del loro fiore.
Non
avendo il coraggio di ammettere la mortale leggerezza,
il boss trafugò
la bara, facendo sparire la defunta con destrezza,
e, avvalorata
l’ipotesi della misteriosa sparizione,
riservò all’impotente,
innocuo Crauto l’esclusiva della confessione.
Il
braccio sinistro di Garofano alla Crisantempo
si chiama
Narciso ed è un noto perditempo.
Peculiarità
del giovane virgulto
è l’ombra
da lui svincolata per non si sa quale indulto.
Vivo, a
modo suo,
pur non
proiettando alcuna sagoma scura
che gli
permetta di agire in un duo,
è un
individuo controverso
che non
prende abbagli
e non
tollera chi lo reputi diverso.
Del resto
Narciso è il figlio di Passiflora,
sorella
maggiore della defunta madre di Aloe,
la cui
sparizione anche lei addolora.
Single
convinta e amante dello yoga,
da anni è
una politica demagoga,
ma fu
molto prima della popolarità
che lo
strano figlio nacque in promiscuità.
All’epoca
in cui si dilettava a fare la stilista
di una
linea d’abbigliamento per taglie forti,
venne
rapita da un balordo col quale ebbe ripetuti rapporti,
forse di
paura colma
o, come asserisce
lei, vittima della sindrome di Stoccolma.
Presa in
ostaggio,
con una famiglia
che non voleva pagare il riscatto,
per
ripicca si era buttata appunto
tra le
braccia del sequestratore esterrefatto.
Questi,
trovandosi a sua volta soggiogato,
decise di
rimetterla in libertà stremato
e
completamente svuotato;
dandosi
così alla macchia,
dopo
averla scaricata fuori dal mezzo in corsa,
a inveire
in prossimità di un’ordinaria betulla,
del
frutto di un amore rubato non avrebbe mai saputo nulla.
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