Nella
disputa per il contenuto della scatola
Rucoletta
e Valeriana si compiacevano della loro duplicità intrinseca,
ritenendola
un quid imprescindibile al conseguimento del dono,
nonché
all’insediamento su qualunque trono.
Obiettando
sull’indissolubile rapporto del duetto,
che
faceva leva sul caso umano
come
scorciatoia al premio arcano,
e la
presunzione con cui veniva dato per scontato
indirizzare
la sorpresa
alle quote rosa della larga intesa,
intervenne
allora Narciso,
dichiarando
che la bellezza
d’indiscutibile
assolutezza era la sua,
a proprio
avviso.
Sul più
bello il cadeau si aprì da solo
e ne uscì
Rodo Dendro
rivendicando
la paternità del bizzarro assolo.
Aveva
inscenato il tutto, accecato dall’ambizione,
per dare
alla combriccola un’indimenticabile lezione.
L’intento
era di dimostrare a ognuno
quanto
potessero rivelarsi debolezze
quelle
che reputavano certezze.
Ad Aloe
che il cappottino non fa la leader
e sarebbe
dovuta scendere dal piedistallo,
poiché
non era una seconda pelle esclusiva,
quella
fantasia a rombi rossi su sfondo giallo.
A Envy
che l’invidia più efficace è quella nascosta
e lei,
per incapacità di mascherare,
alle
critiche di chiunque era pericolosamente esposta.
A
Rucoletta e Valeriana che a nulla porta la doppiezza manifesta,
se nella
carnale sorellanza il braccio sinistro
del lato attivo
vegeta in
un’eterna siesta.
Infine
all’edonista Narciso, dall’aspetto curato e nuance ricercata,
che la
vanità non è l’outfit adatto al
maschio alfa,
se
eccessiva e di ostentazione accessoriata.
Del
mattatore mattacchione dall’indole matrioska
e due acclarate facce
dopo lo
scherzo si persero le tracce.
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